LICEO VIAN – L’acquedotto Odescalchi e le Ferriere di Bracciano

Contatti
  • Categoria
    Scuole Superiori
  • Indirizzo
    Largo Cesare Pavese 1
  • Regione
    Lazio
  • Comune
    00062 BRACCIANO (RM)
  • Docente referente
    Prof.re Sandro Gambone
  • Monumento Adottato
    L’acquedotto Odescalchi e le Ferriere di Bracciano

Descrizione

Descrizione

L’Acquedotto Odescalchi insieme alle Ferriere è una testimonianza del passato ormai cancellata all’interno del tessuto urbano della città di Bracciano, realtà cancellata anche nella memoria di chi vive oggi la città: abitanti autoctoni o di nuova emigrazione, ma anche turisti e passanti. Il liceo Vian ha sede proprio lungo l’antico tracciato e quasi in maniera naturale abbiamo sentito il dovere di uscire fuori dal nostro plesso e cercare le tracce visive e le tracce culturali di quel monumento ormai frammentato dai crolli, dalle edificazioni e dalle incurie. La scuola adotta un monumento è per noi un modo per cucire in un unica trama la memoria, gli studi e i documenti di un monumento che non deve essere dimenticato. L’obiettivo che ci siamo dati è quello di “viverlo per non farlo morire”. La storia dell’acquedotto inizia ben prima della sua costruzione, più precisamente nel 1696, con l’acquisizione del ducato di Bracciano da parte di Livio Odescalchi, che lo acquistò dal duca Orsini per 386.300 scudi. Livio, infatti, vedeva nel territorio un’opportunità: trasformare Bracciano in un polo industriale. Per realizzare la sua impresa il duca intendeva utilizzare l’acqua del bacino della Fiora, già conosciuto dai romani, allo scopo di alimentare una cartiera, due mole, sei ferriere ed un forno per la produzione di ferraccio. Così, il 17 Ottobre 1700 si diede inizio ai lavori sotto la direzione dell’architetto Carlo Buratti; questi si sarebbero interrotti solo nel 1717, con la morte di Livio. La costruzione dell’opera riprese un anno dopo, sotto il figlio Baldassarre, e fu completata nel 1722. L’acquedotto fu molto sfruttato, oltre che dalle industrie, anche dalla cittadinanza che, tuttavia, poteva usare l’acqua solo in “uso precario”, come ben specificato dai duchi in ogni documento dell’epoca. Gli edifici industriali tanto sognati da Livio videro col tempo un progressivo disuso, che li portò, infine, a chiudere nel XX secolo. Ad oggi delle ferriere e del maestoso acquedotto non rimangono che ruderi a ricordarci il sogno di un uomo che aveva visto in quel piccolo territorio un grande centro produttivo.
L’acquedotto percorre il territorio a partire dalle sorgenti della Macchia della Fiora, in direzione opposta rispetto all’Acquedotto di Traiano e, attraversato il borgo di Bracciano e le sei ferriere disposte lungo di esso, finiva all’interno del lago. In questa località sono presenti alcune cisterne che facevano parte del sistema di trasporto dell’acqua: la prima ha una planimetria a L, il cui braccio più lungo misura circa 50 m; una seconda, posta a qualche metro di profondità in più, ha pianta rettangolare (8,75 X 6,8 m) ed è solcata da profonde fratture strutturali. Entrambe le cisterne sono impermeabilizzate tramite un materiale chiamato “cocciopesto”, che ha buone proprietà idrauliche quali la resistenza all’umidità, ed erano probabilmente usate per la raccolta di acqua piovana, che andava ad integrare l’acqua di fonte poiché l’abitato che doveva essere rifornito era allora consistente sia per importanza che per estensione.
È ancora possibile vedere alcuni tratti di questa costruzione, bensì siano danneggiati da mancanza di manutenzione e, in alcuni casi, da distruzione volontaria: il tratto più maestoso si trova in località Boccalupo, dove si sono conservati tre archi.

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